“Da serva a femme fatale: la perdita e la riconquista di sé” – di Giulia Nardelli Workshop 2018

3bf38f6a4ac3120b06875194421223b7

In una regione remota del lontano Oriente, una giovane donna piena di vita e spensieratezza, si vede costretta dalla propria famiglia a sposare il custode del Tempio, uomo rude e dall’animo bellicoso. Sin dal loro primo sguardo, la dolce fanciulla, consapevole di aver compiuto una scelta sbagliata, inizia un percorso di introspezione volto a riflettere sulla sua condizione e sul suo io interiore, finché in una “gelida” notte di fine Agosto, la protagonista, nell’intento di analizzare le sue intimità più recondite, incontra in sogno il proprio alter ego: un’immagine di sé libera da preconcetti e affascinata dai colori della vita. Ricordo che ormai non le appartiene più. Ella allora decide di abbandonare la dimora in cui ha giaciuto per mesi con quell’immagine di uomo burbero e intransigente; in quel tempio che per troppo tempo ha rappresentato una prigione dalla quale evadere. Inizia così una metamorfosi di sé: da sposa imprigionata si eleva un’idea di donna artefice del proprio destino. Una donna libera di essere tale, libera di indossare un vestito più scollato, libera di ammiccare o di intrattenere una conversazione più maliziosa. Un’immagine femminile ancora poco accettata in quelle società maschiliste, ove la donna è considerata unicamente come mero “angelo del focolare” e fonte fertile di vita. Un’immagine denigrata e perseguitata, che merita di essere anestetizzata con il ricorso deterrente dell’esclusione sociale: la prigionia. Così la nostra giovane protagonista, ancora acerba dei pericoli della vita e inconsapevole delle sembianze eccentriche e inusuali assunte, in un placido pomeriggio di fine estate, sorpresa in atteggiamenti di auto-erotismo, viene prelevata e condotta dall’autorità pubblica in un carcere di massima sicurezza: il cruccio di vivere una vita rinchiusa si ripropone. Per mesi costretta in quella gabbia che diverrà la propria casa, la fanciulla sogna la propria libertà, fin quando tale desiderio divenuto sempre più insaziabile e incontentabile, la condurrà a sedurre il guardiano della propria sofferenza: la guardia carceraria incaricata di custodire le chiavi della cella. Ammaliato dal suo estro alternativo, il secondino inadempie i propri compiti e propone una via di fuga, offrendole le chiavi della salvezza. Così la ragazza, consapevole delle proprie capacità amatorie, organizza con l’aiuto del proprio compagno di cella, un piano di evasione. Nell’ingannare l’agente di custodia, i due galeotti evadono, sognando di tornare in quel mondo lontano irto di stravaganza e diversità, quale l’Occidente. Sennonché nella strada di casa, i due amanti animati da uno spirito di forte passione, si imbattono in una segreta palude costellata dalla peste nera, dove per salvarsi sono costretti a camminare sospesi nel vuoto su un ponte traballante e fatiscente. Le difficoltà non sembrano finite e il nero sembra avvolgere anche la loro forte sinergia, tanto da portarli ad una scelta decisiva: solo uno dei due si salverà. La donna così riflettendo su quell’immagine tanto odiata e rifiutata di “organo servente” decide in preda ad un momento di convinto eroismo di compiere un sacrificio d’amore scegliendo la morte. Decide dunque di cadere accompagnata e guidata da quella gravità che rappresenta forse l’unica reale liberazione alle catene rugginose della vita.

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...